Gli avventurieri delle Indie – Mark Keating
GLI AVVENTURIERI DELLE INDIE (The Pirate Devlin)
di Mark Keating
ed. Longanesi
Traduzione di Donatella Cerutti Pini
Le storie di pirati, alla fine, sono un po’ delle crime fiction ambientate nel ‘600 e nel ‘700. A ben pensarci le analogie letterarie tra i protagonisti di arrembaggi, cannoneggiamenti e tesori nascosti e i moderni pendagli da forca sono molte e varie. Di solito i pirati sono dei reietti, spesso affascinanti e più intelligenti dei loro opponenti, anche se questo spesso altro non è che una sorta di distorsione dovuta al punto di vista, fatta eccezione per rari casi in cui lo scrittore più che esaltare le doti del suo protagonista preferisce sottolinearne le tare.
La produzione letteraria sui pirati, quindi, da Stevenson in giù, affolla da sempre le librerie e le biblioteche di tutto il mondo, dando pure vita a personaggi immortali e indimenticabili come il Corsaro Nero di Salgari, in una perenne commistione tra la fantasia e la realtà. Nelle storie di pirati la storia si sfuma nella leggenda e gente come Henry Morgan non può non imperversare nell’immaginazione di giovani – e meno giovani – con la sua memorabile, avventurosa vita.
Probabilmente anche l’inglese Mark Keating, autore de Gli avventurieri delle Indie, da ragazzino era uno di quelli che, corpo di mille balene, fantasticava su Port Royal, i Caraibi e i terribili bucanieri di Tortuga, portandolo, da grande, a scrivere una storia solida ed estremamente godibile che, come nella miglior tradizione, vede i pirati inseguire un tesoro nascosto con l’unico indizio di una mappa confusa.
Patrick Devlin, irlandese sulla ventina, mai si sarebbe aspettato di diventare uno dei pirati più rispettati e temuti dell’intero globo terracqueo. Tutto è iniziato un po’ per caso: dopo essere stato venduto dal padre a un macellaio, arruolatosi in marina come semplice manovale, si ritrova nel bel mezzo di un assalto pirata. Patrick combatte con temerarietà, ma la sconfitta è inevitabile. Come è consuetudine per i ladroni dei mari, chi vuole, tra i marinai superstiti delle navi catturate, può unirsi a loro, mentre gli altri riprenderanno la loro strada e dovranno giustificare la perdita del carico, spesso molto più importante che le vite degli uomini stessi. Patrick decide di unirsi ai pirati e, ancora una volta un po’ per caso e un po’ per meriti, si ritroverà a guidare da una parte all’altra dell’oceano Atlantico un centinaio di quei fuorilegge spietati. Il destino gli metterà tra le mani una mappa e un tesoro nascosto in una isoletta non segnata nei caldi e umidi Caraibi. Un tesoro che potrebbe indurre molti ad appendere la pistola al chiodo. O forse no.
Gli avventurieri delle Indie è un romanzo d’avventura che, nonostante l’intento ludico, non rinuncia all’accuratezza storica e in cui, grazie alla penna abile di Keating, si riesce a ricreare in maniera convincente e particolarmente immaginifica un’epoca. L’azione è la protagonista principale di questo lavoro d’esordio, ma Keating è abilissimo a rendere vivi la vita spesa su una nave, gli intrighi dei potenti sulle spalle dei poveri e di chi ritiene il dovere il proprio unico padrone, gli scontri morali fra chi iniziava una riflessione critica sulla tratta degli schiavi e sulla schiavitù in genere e chi, all’opposto, utilizzava Dio e il concetto di Dio a giorni alterni in base alla convenienza. Scrivere un romanzo storico è cosa ardua, perché alle necessità della trama si aggiungono quelle della storiografia, della correttezza ambientale e dell’uso della lingua.
E se Gli avventurieri delle Indie corre via sull’acqua come fosse un tre alberi, gli unici punti deboli della narrazione di Keating sono rappresentati da un eccessivo eccezionalismo di cui ha rivestito il protagonista Devlin, sempre un passo davanti agli altri, e da un finale troppo prolisso, rinnegando, almeno in parte, quella frenesia dimostrata nelle precedenti pagine. Ma rendere un personaggio memorabile e straordinario, d’altra parte, diventa qualcosa difficile da evitare quando il racconto è tutto incentrato su di esso e, a maggior ragione, quando i propositi di serialità sono ben più che manifesti. Keating, comunque, nel romanzo presenta anche un paio di personaggi che se in questa vicenda rivestono un ruolo del tutto marginale, delle classiche comparsate, in futuro potranno farcene vedere delle belle, fornendo propellente adrenalinico a chi ama la combinazione romanzo storico/romanzo d’avventura, sciogliendo le briglie alla fantasia e, perché no, tornando pure un po’ bambini. Cosa che non guasta mai.
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