Pegasus Descending

Pulp, thriller, hard boiled, noir

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In memoria di Carlo Fruttero (1926-2012)

Carlo Fruttero (1926-2012)

Un Revolver da undici colpi

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Provate a stare zitti, a spegnere la televisione o la radio, a stare fermi, immobili, e a drizzare le orecchie. Forse potete sentirlo, sia che voi siate a casa sia che vi troviate in mezzo a una piazza. È un lento fluire, una sorta di su e giù, è come un mantice che si riempie e si svuota. Se, come me, avete studiato medicina o, da piccoli, incuriositi dallo stetoscopio del vostro pediatra gli avete chiesto di farci un giro, di provarlo, allora potete capire di cosa sto parlando. Quando i polmoni sono liberi dal catarro e appoggiate su una schiena quel particolare strumento medico sentite l’aria entrare e uscire, come una risacca, una marea che va e che viene. Se voi, ora, percepite questo rumore significa che vicino a voi c’è un vostro simile, un lettore che ha appreso dell’imminente esordio della nuova collana Revolver, diretta da Matteo Strukul, per BD editore.

Leggere i primi cinque titoli e, soprattutto, i nomi degli autori dell’esordio, è una reale boccata d’aria fresca dopo un’apnea durata non si capisce quanto tempo. Victor Gischler, Allan Guthrie, Antony Neil Smith, Derek Nikitas, Russel D. McLean. Quante volte, qui su Pegasus Descending, ci siamo lamentati che i nostri autori preferiti o, comunque, il meglio di un genere meticcio e fracassone che tanto amiamo, non venivano pubblicati in Italia, sbraitando al vento e ululando alla Luna? Ora, forse, potremo starcene in silenzio a leggere in santa pace e fregarcene dell’editoria che se ne fotte della qualità preferendo le pile di romanzi nei reparti ortofrutticoli dell’Esselunga.

I fuochi del Nord

Fin dal manifesto si capisce la pasta di Revolver e degli undici titoli all’anno che verranno pubblicati, uno al mese, la giusta misura per averli tutti, per non dire che a questo giro di stipendio non c’è nulla che mi piaccia: “Esiste una nuova genìa di autori che ha sviluppato un nuovo linguaggio del noir: meticcio, contaminato, bastardo. Svelano una letteratura diversa, che taglia i generi, abbatte gli steccati ed estrae dall’arte del narrare formule velenose e sanguinarie. Romanzi dark eppure sgargianti nei colori, trame agili come lame di coltello pronte a danzare sul confine sottile che corre fra romanzo, fumetto, sceneggiatura e storyboard. Qualità narrativa, profondità nel tratteggiare i caratteri dei personaggi, ritmo sincopato, azione adrenalinica e parossismo visivo, trame a orologeria. Sono storie che rappresentano la spina dorsale di una nuova grande letteratura popolare. I romanzi REVOLVER si guardano come film su carta. I romanzi REVOLVER si bevono come shake di noir, pulp, action, horror. I romanzi REVOLVER si vivono come esperienza di lettura nuova e spettacolare”.

E se la scrittura sarà un concentrato letterario di azione, adrenalina, sparatorie e inseguimenti a fare da supporto meccanico al racconto di storie anche forti della realtà che ci circonda (sul sito della nuova collana, revolverlibri.it, andatevi a leggere le trame de I fuochi del Nord di Nikitas e di Dietro le sbarre di Guthrie), i libri stessi, intesi come oggetti, saranno dei piccoli capolavori da collezione grazie alle strepitose copertine di Davide Furnò, già cover artist di Scalped, la serie scritta da Jason Aaron e già autore di Punishermax.

Ma cosa sarà Revolver? “Un’etichetta editoriale capace di intercettare le nuove energie di un genere-non genere che, in anni recenti, ha deciso di mescolare in un tacchino ripieno le mille scintille di una fantasia policroma fatta di noir, pulp, crime fiction, thriller, western, splatter, narrativa alta.” dice Matteo Strukul. “E tutto questo insieme. Non solo, aggiungete i deliri multicolori della sceneggiatura da fumetto, il ritmo incalzante e le coreografie iperviolente e impazzite degli action-movie, la rabbia irriverente di una serie televisiva come, che ne so, Sons of Anarchy: avrete Revolver”. Ma il curatore della nuova etichetta vuole anche sottolineare il lavoro sulla lingua narrativa: “Nei libri Revolver troverete un nuovo linguaggio del noir: meticcio, contaminato, bastardo; una letteratura diversa, che taglia i generi, abbatte gli steccati ed estrae dall’arte del narrare formule velenose e sanguinarie. Scoprirete qualità narrativa, profondità nel tratteggiare i personaggi, ritmo sincopato, azione adrenalinica e parossismo visivo, trame a orologeria. Ecco, quelle dei romanzi Revolver sono storie che rappresentano la spina dorsale di una nuova grande letteratura popolare”.

Dietro le sbarre

Che il progetto Revolver, però, sia ben più che una mera, nuova etichetta editoriale buttata lì tanto per racimolare – si spera…- due soldi e colmare un vuoto nel mercato librario italiano, bensì un autentico progetto culturale capace di dare nuovo slancio alla lettura in sé e, perché no, attrarre i giovani ora renitenti verso questo straordinario modo di coltivare il proprio cervello e la propria fantasia , lo dice in maniera chiara e senza alcun indugio ancora Matteo Strukul: ”Credo che leggere debba essere una grande emozione e un’esperienza che travalichi le barriere della mente. Quando ho letto capolavori come Il mio nome era Dora Suarez di Derek Raymond o 1974 di David Peace, o ancora Il potere del cane di Don Winslow, be’ quello che mi ha colpito è stato sentire i protagonisti respirare, sanguinare, soffrire, piangere. Erano vicino a me, il loro dolore era il mio. Quando ho letto Victor Gischler, per la prima volta, mi sono ritrovato a ridere come un idiota da solo in tram e la gente mi guardava come un pazzo. Se prendete Allan Guthrie, scoprirete un oceano di dolore inimmaginabile e atmosfere così cupe che a volte sembrano insostenibili. Ecco,” conclude Strukul “l’esperienza di un romanzo Revolver è questa: un libro che va oltre la semplice lettura, un romanzo che non rinuncia a voler fare – e sottolineo – volere fare intrattenimento di grande qualità il puro piacere della lettura, quello che per tanto tempo ci siamo dimenticati”.

Revolver: Pegasus Descending c’è. Ora tocca a voi.

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In memoria di Sergio Bonelli (1932-2011)

Sugarpulp Festival 2011

Se qualcuno partecipa e ha voglia di scrivere un pezzo per Pegasus Descending… CLICCANDO SULL’IMMAGINE IL LINK DIRETTO AL SITO UFFICIALE DEL FESTIVAL.

La locandina di Sugarpulp Festival 2011

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Il Giallo Mondadori si rifà il trucco. E io mi becco Ed McBain!

Date una mano all’87° distretto

C’è chi va, come Sergio Alan D. Altieri…

Care Lettrici, Gentili Lettori,come sempre, un sentito ringraziamento a tutti Voi per seguire il Giallo Mondadori con l’assiduità e con l’affetto — passatemi l’espressione — che continuate a dimostrare nel tempo. Il mio ringraziamento va anche a Dario Geraci, nostro eccezionale blogmaster, per l’attenzione e il controllo con i quali tiene gli ingranaggi web in movimento. Continuando a parlare di ingranaggi e di movimento, come tutti noi sappiamo, things change, le cose cambiano. Perché è giusto che debbano cambiare, perché e naturale che cambino. Il che mi porta alla, well, chiamiamola “notizia del giorno”: Dalla data del 1 luglio 2011, il Giallo Mondadori e i Classici del Giallo — entrambe le collane in una veste editoriale e grafica del tutto rinnovata — avranno anche un nuovo Editor. Questo Editor è Franco Forte, uomo di profonda integrità, autore di eccezionale versatilità, editoriale di ineguagliabile professionalità. Nessuno meglio di Franco Forte saprà continuare la storica tradizione iniziata dal leggendario Alberto Tedeschi e continuata da straordinarie figure di autori ed editori quali Laura Grimaldi e Oreste Del Buono. Da parte mia, desidero ringraziare profondamente Mondadori Editore per avermi dato l’opportunità umana e professionale pressoché unica di seguire queste grandi collane su un arco di quasi sei anni. A Franco Forte, non solo amico fraterno ma anche compagno di avventure nell’immaginario, va tutta la mia stima e tutto il mio sostegno per la responsabilità che sta assumendo. A tutti voi care Lettrici e gentili Lettori, tutto il mio apprezzamento e, di nuovo, tutto il mio affetto in questa lunga cavalcata che abbiamo compiuto fianco a fianco.

… e c’è chi viene, come Franco Forte:

Gentili Lettrici e Lettori, da parte mia solo poche parole, prima di tutto per ringraziare Mondadori, e nello specifico il Direttore Editoria di Catalogo, Antonio Riccardi, per la fiducia che mi è stata accordata, ma soprattutto l’editor che avrò l’onore di sostituire, Sergio Altieri, un professionista come se ne conoscono pochi nel nostro Paese, uno scrittore di razza, un traduttore sopraffino e una persona di grande valore, un amico a cui sono debitore per le mille opportunità che mi ha voluto riservare durante questo nostro lungo percorso di amicizia e di rapporti professionali. Sergio è un uomo straordinario, dai valori solidi e dalla generosità impagabile, ed è soprattutto sotto questo profilo che la sfida, per me, sarà difficile: restare nel solco tracciato da una persona del genere non è impresa da tutti. D’altra parte, ho accettato con entusiasmo l’idea di occuparmi delle collane da edicola Mondadori convinto di poter trasfondere in questo lavoro la passione, la competenza e la professionalità che ho acquisito negli anni, per dare un impulso alle collane storiche che mi hanno accompagnato fin dall’infanzia; e dunque l’incarico, per quanto gravoso, non mi spaventa. Di certo mi rassicura sapere che Sergio continuerà a lavorare con noi come autore, come traduttore, come consulente a tutto campo, consentendoci di poter attingere ancora alla sua esperienza e alle sue capacità per rendere sempre migliori le collane che sono cresciute sotto la sua guida e la cui responsabilità, adesso, ricade sul sottoscritto. Ma la sfida, per quando ardua, è affascinante, e chi mi conosce sa che non sono tipo da tirarmi indietro, anzi… più il gioco si fa duro, più mi piace rimboccarmi le maniche e darmi da fare per raggiungere il livello successivo. Cosa che conto di fare anche in questo caso, tranquillizzato dalla consapevolezza che Sergio continuerà a restare un elemento fondamentale della nostra squadra. Squadra che è ampia e di grande valore, e che ringrazio fin da adesso per il supporto che saprà darmi in questa nuova avventura, e per l’aiuto fondamentale che mi servirà per oliare fin da subito l’ingranaggio editoriale, in modo da proseguire spediti lungo i percorsi già tracciati, pronti però ad aprirne di nuovi non appena ce ne sarà l’occasione. Con i suggerimenti e i contributi di tutti, soprattutto dei Lettori. Grazie.

Ora, a chi come me legge il Giallo Mondadori non è freghi più di tanto chi è l’editor e perché ci sono i cambi. Forse perché così è la vita, come diceva Altieri, forse perché quello che conta è leggere buoni libri e basta. Però questa è una notizia – i testi riportati sono presi dal blog ufficiale del Giallo Mondadori, dove è apparsa la notizia. Franco Forte saprà sicuramente portare avanti con altrettanta competenza il GM, nonostante tutte le difficoltà che questo sta attraversando e nonostante le scelte editoriali – di Altieri o di Maurizio Costanzo o di chissà chi – in questi anni non siano state proprio scevre da potenziali critiche. Personalmente seguo questa collana Mondadori quasi esclusivamente per I classici del Giallo Mondadori che mi consentono di acquistare a pochissimi euro autori storici e colonne del genere. Credo che non cambierà molto, da questo punto di vista, anche se qualche nuova traduzione è sempre auspicabile, benché sappia che Forte non avrà grandi poteri di scelta in questo campo e che, al massimo, potrà puntare ancora di più sul romanzo storico, di cui è pure un affermato autore e di cui io, all’opposto, non sono un grande estimatore, almeno per quel che riguarda il giallo. Già Altieri, comunque, con i gialli storici non scherzava, proponendone numerosi. Vedremo.

La buona notizia di questo mese, invece, è la mole e la qualità dei Classici proposti, tra l’altro in una nuova veste editoriale e settanta centesimi in più sul prezzo di copertina. Si vuole tornare al passato, a un format più fedele all’originale, discostandosi dal tascabile da edicola per approdare a qualcosa di più. E, infatti, per la prima volta il GM approderà anche nella grande distribuzione, nel tentativo di allargare le proprie quote di mercato. Basterebbe, forse, continuare a proporre autori e romanzi come quelli di questo mese di luglio – praticamente tutti da prendere – e chissà che le cose non possano cambiare in meglio. La scelta è ampia ma io, per me, mi sono fiondato, il giorno stesso dell’uscita in edicola, su Date una mano all’87° distretto di Ed McBain, autore che amo moltissimo. E voi, invece, che titolo avete acquistato?

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GialloNoir – Brividi d’estate. Alla Libreria Azuni di Sassari la seconda edizione

GialloNoir – Il programma

Pubblico solo ora questa news, con ben due incontri di ritardo, a causa di un disguido nelle mail. Me ne scuso con Emiliano Longobardi, proprietario della libreria promotrice della rassegna estiva e grande appassionato di letteratura di genere e fumetti, tanto da aver dato vita a forse la più grande selezione di narrativa gialla e affine dell’intera Sardegna, ma che dico, d’Italia! Per maggiori info: Libreria Azuni, Viale Mancini 15 Sassari – 079 233454 – libreriaazuni@gmail.com. E sosteniamole queste quattro librerie indipendenti che ci sono rimaste!

Gianni Zanata – nato nel 1962, vive e lavora a Cagliari, dove fa il giornalista, scrive romanzi e racconti. Ha pubblicato Prestami una vita (Edizioni Rebus, 2008), “Come un fiore acerbo e selvaggio”, nell’antologia Made In Sardinia (CUEC Edizioni, 2009), “In-croci”, nell’antologia Polvere sotto il divano (Perrone Lab, 2010). Il suo ultimo romanzo è Non sto tanto male (Quarup, 2011).

Non sto tanto male – Un uomo di successo, Valdo, direttore di un grande quotidiano e una mora bellezza mediterranea di vent’anni, intravista in un mattino di primavera, in una storia perbene finirebbero prima o poi l’uno nelle braccia dell’altra. Specie se a fare da ruffiano al loro “incontro” è l’altrettanto mediterranea luce di una città di mare. Ma qui fuori, lo sappiamo, c’è il buio, e ancor più scure e contorte si rivelano a volte le idee degli uomini e le loro strade. E allora capita che l’uomo di successo sia cinico e arrogante quanto basta per farsi disprezzare dalla maggior parte dei suoi colleghi, e da sua moglie. E che la mora sia nello stesso tempo una concreta e invitante preda, e un’ombra sfuggente al limite dell’irraggiungibile. E che gli odori che permeano il racconto non siano solo iodio e salsedine, ma anche le chimiche sospette di detersivi e ammorbidenti – tutti rigorosamente di color celeste gomma, “rassicurante” – allineati con maniacale precisione, perché solo così i “pensieri brutti e violenti” vanno via. Non sto tanto male. Appunto. Fare o farsi del male, invece, quello è assolutamente possibile: l’amore, specie se imprevisto, può alterare tutto. E l’ironia pure, nel bene e nel male.

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Dal Mississippi al Po edizione 2011

Dal Mississippi al Po, Piacenza, edizione 2011

Già il titolo, da solo, è una gran figata: Dal Mississippi al Po. Poi, se scorrete il programma delle iniziative e se amate la musica e/o la letteratura, vi mettete a sbrodolare. Dal 23 al 26 Giugno 2011 Piacenza diventa un ideale ponte tra le due sponde dell’oceano Atlantico in grado di unire le menti e i cuori di un mucchio di gente: scrittori, musicisti o semplici, ma eccezionali, fruitori di queste forme d’arte. Purtroppo il titolare del blog, causa distanze, famiglia e, soprattutto, lavoro, non potrà esserci. Vi propongo qui sotto, comunque, il comunicato stampa dell’evento e, ancora più giù, il link al programma integrale. Ce n’è veramente per tutti i gusti. Domenica 26 Giugno, per chi si è perso qualcosa, il mitico Luca Crovi proporrà una puntata speciale di Tutti i colori del giallo su RadioDue con una nutrita schiera di ospiti del Festival. Se c’è qualche lettore di Pegasus Descending che andrà a Piacenza e avrà pure voglia di buttare giù qualche riga su carta non sia timido, si faccia avanti: i bit sono tutti suoi!   

Il fatidico settimo anno, quello che terrorizza la convivenza della coppia, spesso minandone definitivamente la stabilità. Non c’è nessuna crisi nel rapporto sempre più consolidato tra il festival musicale-letterario “Dal Mississippi al Po” e la sua sede naturale, la città di Piacenza. L’acqua scorre sotto i ponti e tanta ne è passata, ma il Po resta il cuore geografico della città, così come il nostro festival aspira a diventarne sempre più quello culturale e umano. Giunto, appunto, alla sua settima edizione, un traguardo importante, il festival ripropone la propria formula vincente, che ne fa l’unico vero festival internazionale italiano in cui musica e letteratura si fondano senza soluzione di continuità, creando una simbiosi che è nel DNA dell’arte ma che non sempre trova applicazione concreta. Tale formula prevede incontri letterari conditi da tanta musica dal vivo e concerti introdotti dalle sapienti parole di chi fa della scrittura la propria ragione di vita.

A quarant’anni esatti dalla scomparsa di Jim Morrison, il festival ha deciso di dedicare al carismatico totem della poesia rock uno spazio privilegiato, invitando uno degli amici più stretti del cantante dei Doors, quel Frank Lisciandro che più di ogni altro ha i titoli per parlare della figura umana di Morrison, spogliandola del fumo della leggenda. Amico, guida nei momenti cupi, fotografo, biografo e persino coproduttore di Jim Morrison e dei Doors (in parte sua la produzione dell’album postumo An American Prayer), Lisciandro allestirà una mostra (in larga parte inedita per il nostro paese) di grandi scatti dei Doors e di altre grandi band degli anni ’60, restando a disposizione per tutti i visitatori, con tanto di domande e curiosità.

A suggello dell’attenzione speciale dedicata al fenomeno Jim Morrison-Doors, verrà presentato in anteprima nazionale lo splendido libro “Riders on the Storm”, l’autobiografia di John Densmore, batterista della band di Los Angeles, uno spaccato onesto, tranciante, a volte persino spietato del mondo musicale, con non poche sorprese per i fan.

Gli anni ’60, dunque, una stagione irripetibile, l’età dell’oro della musica rock. Lo stesso Lisciandro ne parlerà con la sua classica onestà intellettuale al pubblico piacentino: della serie quando la musica diventa scrittura.

Ma la scrittura è di per sé musica e le atmosfere dei romanzi degli scrittori americani invitati a Piacenza lo testimonia. Inutile parlare del ritmo voodoo di Joe Lansdale e della intensità di Tim Willocks, ormai due travi portanti del festival. Meglio spendere due parole sui “nuovi”: scenari torbidi di un’America provinciale sempre ricca di spunti intriganti, nelle pagine di Anthony Neil Smith (con il suo Minnesota innevato che tanto ricorda la Fargo dei fratelli Cohen), oppure ambienti suburbani la cui normalità può risultare agghiacciante se scalfita con gli strumenti giusti (Linwood Barclay, con il suo humour nero ne è testimone).

Ma quest’anno si è deciso di sterzare leggermente e di dare spazio alla contingenza. Ecco il motivo di un evento dedicato ai “Venti di Cambiamento” dell’universo islamico, più che mai vicino a noi con i suoi aneliti di libertà e le difficoltà a fare i conti con millenni di sopraffazioni. Chi meglio di uno scrittore può aprirci gli occhi? E se gli scrittori sono diversi e tutti provenienti da quell’universo in transizione, tanto meglio.

Gli spunti sono tantissimi. La “Scrittura come Catarsi” risulta dunque un tema naturale da sviscerare con chi fa della lotta al male e al lato oscuro dell’uomo la propria quotidianità. Michele Giuttari, stimato ufficiale di polizia, David Monti, magistrato, Alessia Micoli, criminologa, e Giacomo Cavalcanti, camorrista strappato al crimine dalla forza interiore e dagli slanci creativi.

Se si parla di autori italiani, non si può fare a meno di menzionare due dei massimi esponenti della letteratura noir italiana, Massimo Carlotto (tra l’altro grande appassionato di blues), un gradito ritorno al festival, e il geniale Andrea G. Pinketts, che invece è alla sua prima apparizione.

E, siccome un festival per essere tale deve vivere in comunione con la città che lo ospita, ancora una volta saranno i luoghi storici di Piacenza a fare da cornice a tutti gli eventi, compresa una mostra di strumenti musicali, con tanto di laboratorio di liuteria mobile, ospitata nello splendido cortile del Palazzo Farnese.

Una piccola novità, per finire, la scelta di promuovere direttamente un libro del festival: Il Blues del Delta di William Ferris, una delle opere più illuminanti sulla nostra musica, pubblicata da Postmedia con il patrocinio del festival “Dal Mississippi al Po” e del festival gemello “Roots’n’Blues’n’Food Festival”.

IL PROGRAMMA INTEGRALE DI DAL MISSISSIPPI AL PO, PIACENZA, EDIZIONE 2011.

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“Il difficile è crederci”. L’incontro con Victor Gischler

Luca Crovi, Victor Gischler, Marco Vicentini

Incontro Vitandrea per strada, nella centralissima via Torino, una delle tante arterie urbane che portano in piazza Duomo a Milano. Se ne va in giro con un amico e un’amica e immediatamente penso alla tipa che legge letteratura portoghese e ama Coelho.
<<No, non è lei>> mi dice, mentre mi porta a vedere l’abside affrescato come un soffitto a cassettoni. <<E Nisbet?>> attacca ancora.
<<Che ti devo dire. Secondo me ce lo siamo giocato. E pure James Lee Burke>>
<<Già. Per fortuna, però, che c’è Leonard>>
<<Beh, se ci levano pure quello…>> dico.

L’incontro con Victor Gischler, in Italia per un fitto tour promozionale di Notte di sangue a Coyote Crossing, il suo ultimo roboante romanzo pubblicato nel nostro Paese da quella masnada della Meridiano Zero, capitanata da The King Vicentini che a stento riesce a trattenere Matteo “Jack Sparrow” Strukul, il miglior ufficio stampa del mondo e manipolatore di giornalisti dopo Karl Rove. Date a Strukul un autore disposto a viaggiare, che sappia scrivere storie come Dio comanda e che regga dalle sei grappe in su e ve ne smercerà qualche migliaio di copie mentre sta ancora scrivendo la quarta di copertina.
<<Secondo me Strukul è quello lì>> dico a Vitandrea.
<<Mmm… quello con la maglietta di Ozzy Osburne e la criniera da Neanderthal?>>
<<Proprio lui>>
<<Pensavo vi foste già incontrati>>
<<Mai. Solo via mail. Andiamo a presentarci>>

Facciamo due passi. <<Ecco Gischler>> mi dice Vituccio. Victor se ne sta lì spaparanzato nel salottino davanti alla caffetteria e sembra innocuo. Cioè, non sembra uno in grado di partorire le storie che ci dà in pappa, piene di corse, mazzate, sparatorie e ritmo su ritmo. È un pacioso americano un po’ sovrappeso con scarpe nere e calzini bianchi. Ma è lui. Ci presentiamo, a Victor e Matteo, e nel frattempo arrivano pure Vicentini – <<Ah, il famoso Andrea!>>. Io mi giro guardandomi le spalle – e Luca Crovi, il miglior presentatore di incontri letterari del mondo. Con Luca, vabbè, ci presentiamo ben due volte, ma lasciamo stare. Pensavo di incontrare l’altro Luca, il Conti traduttore di Gischler, ma vengo poi a sapere che l’Escherichia Coli tedesca ha fatto registrare un unico caso italiano. Dove, come, quando e chi, però, è rimasto tutto rigorosamente top secret.

Frammenti di vita vissuta

<<La cosa più difficile quando inizi a lavorare su un libro e sei un esordiente>> attacca Victor Gischler <<È riuscire a credere in quello che stai facendo, essere convinto di potercela fare. Poi, una volta terminata la prima stesura, iniziano altre salite da scalare: prima lavorando sul libro, correggendo e riscrivendo, poi mettendoti in competizione con tutti gli altri. Oggi sono uno scrittore professionista, ma tutto mi sembra una serie di piccoli miracoli>>. Ed essere convinti del proprio lavoro, come dice giustamente Victor, è cosa necessaria, ma non sufficiente per il successo: <<Io scrivo con molto umorismo perché sono fatto così. Alcuni possono credere che mi stia prendendo gioco dei miei personaggi, ma la verità è che rido di me stesso, mi guardo dall’esterno. Gran parte della persone di cui scrivo>> prosegue <<sono inventate, anche se ci sono dei particolare presi dalla realtà>>.

Luca Crovi, con il suo modo di fare sornione e competente, di uno, cioè, che prima di intervistare e presentare gli autori legge anche i libri che questi hanno scritto – cosa mica così frequente… – lo incalza su Notte di sangue a Coyote Crossing, un lavoro che mutuando la definizione di Al Custerlina definirei senza indugio un turbonoir: <<Sì, è vero>> attacca Gischler. <<Notte di sangue è nato come un racconto, ma scrivendo stava diventando troppo lungo. Allora volevo farne una sceneggiatura e alla fine ne è venuto fuori un romanzo. Io non so mai dove vado a parare quando inizio a scrivere, raramente pianifico le trame, solo quando ne ho necessità perché devo prima presentarle a un editor o ai produttori di un film>>. Victor è autore eclettico, uno in grado di mantenersi su elevati livelli qualitativi e di godimento seppur cambiando continuamente genere e format di scrittura: <<Il lavoro è sempre uguale, uso la stessa cassetta degli attrezzi ma con strumenti diversi. Poi, sai, non è che la mattina mi metto lì e dico: oggi scrivo noir, o pulp, e fantascienza. Attacco e vedo che piega prende la storia>>.

Capitolo western/noir: <<Il noir ha preso il posto del western. Dove il secondo guardava verso la frontiera, il primo, il noir, guarda dentro noi stessi, dentro le persone. Mentre stavo scrivendo Notte di sangue, per esempio, mi sono subito reso conto che volevo inserire in quel lavoro dei forti elementi western, anche se, ovviamente, declinati ai tempi moderni>>. E se Notte di sangue a Coyote Crossing è una corsa pazza e disperata che dura una sola notte, dal tramonto all’alba, un racconto in cui Gischler riversa molte delle sue considerazioni sulla paternità – <<Sono molto ansioso e volevo mettere in evidenza questa responsabilità paterna, ma in maniera divertente>> – tratteggiando dei cattivi cattivissimi – <<I cattivi sono i personaggi più divertenti da scrivere>> – che, personalmente, hanno ricordato la squadraccia de Il lato oscuro dell’anima di Joe R. Lansdale, in particolare nella loro metamorfosi automobilistica e ignota, anche il mondo universitario non è uscito immune dalla penna del bardo di Baton Rouge: <<L’università della Louisiana, dove insegna mi moglie, ha trentamila studenti. Certo che possono accadere le cose di Anche i poeti uccidono! Il mondo universiatario>> racconta Gischler, un passato come docente di letteratura <<può essere tanto noioso quanto eccitante. Dipende dai momenti>>.

Victor Gischler

La chiacchierata è poi corsa via rapida, da Deadpool<<Un personaggio carico di umorismo>> -, al rispetto per il passato di personaggi da lui affrontati come Punisher o Wolverine, dall’aver buttato via dei romanzi richiestigli da un editore e che non sentiva suoi, fino agli scrittori preferiti: <<È stato leggendo John Dann MacDonald che ho detto per la prima volta: sì, voglio scrivere come questo qui>>. Ma è Elmore Leonard il modello, come per chiunque prenda in mano una penna per la prima volta: <<I suoi dialoghi sono perfetti, per quello che fa dire ai personaggi e per quello che non fa dire loro>>.

Infine, è Vicentini a sparare l’ultimo colpo, quello migliore, perché orientato al futuro, a quello che leggeremo piuttosto che a quello che abbiamo già letto: <<Pubblicheremo sicuramente altri due romanzi di Victor Gischler>> sogghigna sotto i baffi. <<Vi do qualche anticipazione su uno dei due: ci saranno tre donne killer. Non dico altro>>. Vitandrea s’alza e se ne va. A far firmare la sua copia di Notte di sangue.

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Quelli che vanno al Salone del Libro per rimorchiare

Salone del Libro di Torino 2011

Che Pegasus Descending sia il blog che possa disporre del più vasto spiegamento di mezzi umani ed economici del web, beh, questo lo sapevate già. Non vi stupirà sapere, quindi, che il vostro blog preferito mica se l’è perso il Salone del Libro 2011 di Torino, potendo invece disporre dell’affilatissima penna di un Vitandrea Silecchia sugli scudi come non gli capitava da tempo, come da quella volta in cui vide per la prima volta un film Linda Lovelace non riuscendo più a dormire per due notti di fila. Vabbè, sì, aveva anche mangiato a colazione la peperonatina di nonna Pina, però la colpa era di Linda, garantito al limone. Il Salone del Libro è ormai una sorta di istituzione, un po’ come il 2 giugno, un giorno buono per i ragazzi del liceo per andarsene in giro a zonzo invece di studiare a scuola. Tutto questo, e molto altro, ci racconta un Vitandrea particolarmente brillante e irriverente che non si lascia scappare un finale alla Bradbury al contrario con cui molti converranno, soprattutto quelli che, cazzo malefico, vorrebbero tornare a leggere robe nuove di gente come Nisbet e James Lee Burke, tanto per citarne un paio in via di estinzione dalle nostre librerie.

ps: una comunicazione per le amiche di Vitandrea: il titolare del blog qui medesimo è un grandissimo appassionato di Luis Sepulveda, tanto da aver letto quasi tutta la sua opera, potendo inoltre annoverare nel proprio cursus librorum anche alcuni titoli di Coelho (sebbene questo, vabbè, mi faccia proprio cagare). Così, io ve l’ho detto.  

di Vitandrea Silecchia

Torino, le dieci di mattina di sabato 7 maggio. Cammino lungo la passerella olimpica, guardando l’arco e dando occhiate al Lingotto, che ospita il Salone del Libro 2011. Terminata la passerella, logica vorrebbe che scendessi le scale per mettermi in coda e fare il biglietto ma, da bravo ominide decerebrato anni 2000, seguo un paio di gruppetti di aspiranti visitatori del Salone, convinto che loro conoscano la strada giusta. Entriamo nel centro commerciale del Lingotto. Capisco che ne sanno meno di me della via da prendere perché il loro passo, da spedito e sicuro, diventa lento e incerto. Fingendo noncuranza, sentendo interrogativi come: “Ma quale strada prendiamo?” e “Forse abbiamo sbagliato”, vado verso il bancomat fingendo di dover prelevare soldi.

Salvata l’apparenza, e ritrovata la retta via, mi metto in coda per fare il biglietto. Si aggirano guardinghi, tra i visitatori, i neri che cercano di sbolognarti i libri degli scrittori africani. Uno mi chiede: “Hai mai letto libri africani?”. Io: “Due”. È una bugia, e scappo via. Un altro riesce quasi a sbolognare due libriccini a una ragazzina, ma arriva lesta la mamma di lei, la prende per un braccio senza dire una parola e la allontana.

Superato lo scoglio della coda, riesco finalmente a entrare e a cominciare a girare tra gli stand del Salone del Libro, in attesa dell’arrivo di amici che mi facciano compagnia. Adocchio lo stand di Elara, semisconosciuta casa editrice che vende solo on-line, specializzata in fantascienza. Hanno L’anello intorno al Sole di Clifford D. Simak. Che figata, è introvabile! Di quel libro ne parla anche Stephen King nel racconto “Uomini bassi in soprabito giallo”. “Quanto costa?” chiedo. La donna nello stand: “20 euro. Scontato,18”. Fossi un cartone animato giapponese mi cadrebbe un mattone sulla testa. “Grazie, ripasso dopo”. Ciao ciao, anello intorno al Sole.

Trovo uno stand di fumetti, mi piacciono i disegni e mi metto a curiosare. Il nerd che è in me (lui esiste e lotta insieme a noi), impazzisce di gioia alla vista dei fumetti delle Tartarughe Ninja: quelli originari dei primi anni ‘80, dai quali sono stati ispirati cartoni animati, pupazzi e videogiochi che hanno infestato la mia infanzia. L’addetto dello stand intuisce che c’è un potenziale pollo davanti a sé, e comincia a lisciarmi, decantando le lodi del fumetto: cosa inutile, lo comprerei al volo, se non avessi il budget scientemente contato. Provo a darmi un tono, cito Magnus e Jacovitti come autori di fumetti che amo, e provo a chiedere lumi su altri titoli che hanno in esposizione: Vampire Boy, un qualcosa con Sherlock Holmes e roba di delitti nella Londra vittoriana che si chiama Fog. L’addetto mi spiega, in ordine: “Vampire è la lotta millenaria tra un bambino vampiro e una vampira. Lui rimane bambino nel corpo ma non nella mente. Sherlock Holmes è lo Sherlock Holmes che conosciamo. Fog è una storia ambientata a Londra, con la nebbia, i delitti, e la nebbia”. Mmm. Forse non lo conosce bene. Ringrazio e vado, pensando: Tartarughe Ninja, sì o no?

Riprendo a fare lo slalom tra gli stand. Arriva trafelato un tipo in giacca e cravatta. Mi chiede prima ancora di fermarsi: “Scusa, quanti libri leggi in un anno?”.
“Eh?”. E cerco di andarmene.
Ripete la domanda, seguendomi.
Rispondo: “Boh, anche quaranta. Perché?”.
E inizia la pappardella sui magnifici sconti della sua libreria. Mondolibri, tanto per intenderci. “Nonnò, ciao”. Dico, e allungo il passo, lasciandomelo alle spalle.

Gironzolo ancora per stand di fumetti: c’è Luca Enoch che firma copie dei suoi libri e fa disegni per gli acquirenti. Vorrei dirgli che è bravo, ma Gea non era poi ‘sto granché: troppo buonista. Ma chissene, non so neanche come andava a finire la storia.

Stand del Libraccio: un assalto alla diligenza. Sgomitando negli spazi stretti tra uno scaffale, prendendo gomitate e ricambiando con zainate, trovo due Clive Barker (un Libro di sangue e il romanzo Gioco dannato), un Dean Koontz del ’76 (Quando scendono le tenebre) e un Ramsey Campbell (La bambola che divorò sua madre) al quale, in aNobii, un lettore suggerisce di andare a zappare la terra. Ma io non so resistere al richiamo dell’horror anni ’70. E poi, con un titolo così invitante! Tenete a mente questi libri, perché tra poco torneranno protagonisti.

Mi chiamano al telefono: sta per arrivare la mia amica. La aspetto al di fuori del Salone. Sulle scale di fronte alla biglietteria. C’è un capannello di gente all’ingresso della sala cinque. Chi parlerà mai? Obama? Un crossover con Bigazzi e Benedetta Parodi? Uno show con Ruby Rubacuori? Pisapia vestito da Batman? Meglio ancora: Luis Sepulveda. Che infatti è all’aperto, panama e occhiali da sole, camiciona, circondato da lettori adoranti. Assomiglia a Gheddafi. Ripenso a Jim Nisbet, l’anno scorso, che passeggiava tranquillamente per i corridoi senza essere avvicinato da nessun lettore. Me e il titolare di questo blog esclusi. Sì, Nisbet non vende come Sepulveda. Sì, in Italia ci sono solo tre libri di Nisbet rintracciabili in libreria (con buona dose di fortuna), i libri di Sepulveda te li gettano addosso. Però, uffa. Vuoi mettere la banda di trafficanti di organi di Prima di un urlo con il killer sentimentale? Gli farebbero il culo a tarallo.

Intanto è arrivata la mia amica. Il giorno prima ha partecipato alla festa di Minimum Fax. Ottima musica, mi dice. C’era anche Paolo Giordano. Quello della solitudine dei numeri primi. A proposito, che fine ha fatto? “Una cosa tipo la posta del cuore su Vanity Fair”. Eccola, la nuova onda italiana.

Le faccio vedere trionfante cosa ho comprato. Inarca le sopracciglia al primo libro, poi le aggrotta al secondo, al terzo fa una smorfia e al quarto accartoccia la faccia, raccapricciata. Meglio andare a prendere qualcosa al bar. Siamo in tre: io, lei e una sua amica. Nemmeno il tempo di fare due passi, e siamo intercettati su due fronti. Un’altra scheggia impazzita degli agenti di Mondolibri blocca l’amica dell’amica per chiederle quanti libri legge in un anno. Ma il capolavoro tocca all’altra: un ragazzino in giacca e cravatta, alto modello lampione, la ferma. Le chiede se vuole migliorare la sua capacità di memoria, e le mette in mano un foglietto esplicativo. Lei gli fa: “Mmm, no grazie. Ho una buona memoria”. Lui sporge il labbro in fuori, deluso: “Allora non vuoi migliorarti?”. Lei ripete che non ne ha bisogno. E lui: “Allora ridammi l’invito, sono personali”. Lei gli restituisce il foglio, appallottolato. Avevano fermato anche me, qualche giorno prima, in Via XX Settembre a Genova. Era una ragazza. Quelli dei corsi di tecnica di memoria sono bravi. Cercano di farti sentire una merda perché non vuoi migliorarti con le loro strabilianti conoscenze. Le ragazze sanno essere crudeli, perché quando dici no ti guardano come se tu fossi un molestatore di vecchiette. A ripensarci, forse non è una tecnica di vendita adeguata.

Torniamo a noi: Salone del Libro. Arriva un altro amico, libanese, mi chiama al telefono, e lo vado a recuperare all’ingresso, per pagargli il biglietto. Non ha contanti, e alle casse non accettano né bancomat né carte di credito. Viva la modernità.

Gli offro un caffè. Il mio amico è un marpione, in fila per la cassa siamo circondati da belle ragazze. “C’è tanta bella figa, qua!” esclama, come quel famoso signore immortalato in un filmato di Mai dire gol (credevo parlassi di Berlusconi… ntb). E in effetti. Ma vagli a spiegare che ormai non basta più essere uno che legge per rimorchiare. Se mai è bastato: a me, mai. Devi essere bravo a trovare le letture giuste: non Nisbet, non Lansdale, e nemmeno Elmore Leonard (“Chi?!”). Quindi, consiglio: se volete fare colpo sulle ragazze, dite che leggete Sepulveda, Coelho, un qualsiasi cosa che abbia un’aura di sudamericanesimoesistenzialnewage. Credo che Milan Kundera vada ancora forte. Se volete crearvi un giro di amanti intellettuali John Barth è il nome che fa per voi. E poi tutto il catalogo Minimum Fax.

Altrimenti vi ritrovate come me. Ostentare letture di genere fa male. Ecco che tornano i titoli che ho acquistato al Libraccio. Anzi, nel frattempo ero tornato e… tripudio di felicità! Ho beccato il primo romanzo di Nisbet pubblicato in Italia: I dannati non muoiono, del 1981. Un’altra ghiottoneria! La mia amica, esaminando questo e gli altri libri, ha quindi sentenziato: “Le tue  letture sono Harmony per maschi!”. Che si affianca ai commenti di altre persone (altre persone donne): “Sì, carini, ma sono libretti così, da spiaggia. Non sono veri libri”. E poi il mio preferito, quasi fantozziano: “Sì, tu leggi tanto, ma secondo me così non vivi per davvero”.

Con il mio ego smontato, ma senza darlo a vedere, ci imbattiamo nell’aperitivo offerto dal collettivo Spinoza. Chiedo spiegazioni alla mia amica su chi siano e cosa facciamo questi signori, al di là delle battute radical chic di sinistra che la gente condivide su Facebook. Lei: “Hanno trovato un modo per fare soldi e rimorchiare ragazze senza lavorare”. Geni è la parola che mi viene in mente. Casomai venisse fuori che uno di loro ha letto in giovane età L’incendiaria di Stephen King verrebbe su uno scandalo che nemmeno bunga bunga e tricchete tracchete messi insieme potrebbero eguagliare.

Sullo sfondo giovani lettrici in fuga da Vitandrea

Ultime battute di una giornata divertente. Incappiamo nello stand di una casa editrice specializzata in autori portoghesi (forse anche spagnoli), non chiedete a me, io leggo Harmony per maschi. La mia amica chiede informazioni sulle novità di questa casa editrice, lei conosce i nomi di questi romanzieri, per me potrebbero essere tranquillamente cugini di José Mourinho, o fratellastri caduti in disgrazia di Manoel de Oliveira.

La ragazza allo stand prova a raccontare senza successo la trama dell’ultimo libro del loro autore di punta (perdonatemi, non ricordo nulla di questi portoghesi): non se la ricorda bene. La mia amica si fa convincere (poi mi dirà che voleva prenderlo lo stesso, le ha dato soddisfazione). Ancora la ragazza allo stand ci rifornisce di cataloghi. Ne dà uno anche me. Ovviamente sono stato sputtanato subito, come lettore di Harmony per maschi. La ragazza mi fa: “Dai, magari così cambi genere”.

La mia amica: “Beh, anche no. Maschio va bene”.

E’ ora di andare via. Saluto la mia amica, e raggiungo l’altro. La sua auto è un tripudio di cartacce e di sporcizia. Mi porta all’autolavaggio. Che fine ingloriosa: dai templi del sapere (anche se armonico e solo per maschi) al Garage 2000 – Autolavaggio self service. Lui si dà da fare, ma mica tanto: non ha rimorchiato al Salone! Mi trascina nel suo mondo. Ascoltiamo musica libanese e mi porta dal miglior kebabbaro di Torino. Tra di loro si chiamano fratello. Un punto di incontro tra cultura musulmana e barese: tra migliori amici ci si chiama u’ fra’ (fratello). I discorsi si fanno filosofici: “Quant’è buono ‘sto kebab”, “Cavolo, dovevo prendere i fumetti con le Tartarughe Ninja”, “Hai visto quella in minigonna?”, finché non arriva l’ora di rimettersi in treno: quasi le dieci di sera, fine della gita.

In viaggio, mi giro e rigiro tra le mani i libri acquistati, leggo le quarte di copertina, ascoltando col lettore mp3 l’ultimo album di Caparezza. Per parafrasarlo, Chi se ne frega della letteratura.

Mi allontano da quella montagna di carta, parole e immagini contenuta nel Lingotto di Torino. Migliaia di storie accumulate una sopra l’altra, con le loro voci umane e non (una tartaruga ninja urla cowabunga!), i loro luoghi, sia fisici sia mentali, speranze, aspirazioni e piccolezze. Una montagna di carta della quale almeno più della metà andrebbe data alle fiamme, perché non tutte le storie sono degne di essere raccontate.

Verrà un giorno in cui un lettore più stanco degli altri delle fascette che annunciano l’arrivo del giallo svedese definitivo e delle quarte di copertina che annunciano più della metà della trama di un romanzo e delle recensioni-sbrodolate tra amichetti scrittori, prenderà in mano una tanica di benzina formato famiglia e, spalleggiato da due guardie del corpo di nome Hap e Leonard, sul dorso di un tirannosauro ricostruito grazie a una zanzara intrappolata in una goccia d’ambra, innaffierà ridacchiando tutta quella carta e metterà mano al fiammifero.

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