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I fuochi del Nord: storie di donne

I fuochi del Nord

di Fabio e Jonathan Lotti

Butto un po’ giù a braccio dopo la lettura e un breve ripasso in qua e là. Quindi niente recensione completa. Storie di conflitti interni ed esterni. Storie di infelicità. Le donne a farla da padrone.

Intanto siamo a Rochester negli stati Uniti. Prima donna, ovvero ragazzetta,  Lucia Moberg, ovvero Luc, “una quindicenne magrolina, un metro e mezzo d’altezza”, capelli neri, smalto nero alle unghie in macchina con suo padre Oscar ucciso durante un tentativo di rapina. Senso di colpa, in conflitto con la madre Blair che tenta pure il suicidio (lascio ad altri lettori il compito di circoscriverla), due amichette importanti, le gemelle Gina e Kit sul dark (mi sembra), si vede imprigionata in una vita senza speranza con la madre da accudire. Storiella breve con Quinn, ragazzo della famiglia accanto, sogni, incubi, allucinazioni tratte dalla mitologia nordica che le avvolgono la mente (ricordi delle fiabe paterne). Una prova feroce che l’attende.

Seconda donna la poliziotta Greta Hurd, quarantotto anni, ciocche bianche tra capelli biondi, niente trucco a mascherare le rughe della fronte, borse sotto gli occhi, suo minuscolo ufficio al quarto piano di “uno scatolone di cemento”. Compagno di lavoro Moe Arslan, diminutivo di Muhammed, musulmano di origine turca, baffi folti e capelli neri e, soprattutto, sangue freddo. Ricordi: la morte del padre a Buffalo nel suo laboratorio di falegnameria, contrasto con la figlia Sandy che sta per sposarsi, divorziata, si sente svuotata dal male che ha visto. Elemento catalizzatore la violenza “quello che viveva nel suo mondo di poliziotta le era sanguinato dentro, un grumo nero che le aveva avvelenato il cuore. Aveva perso la capacità di provare affetto per chiunque, persino per la sua bambina…”. Punto di riferimento per Luc. Non è convinta dell’omicidio a scopo di rapina.

Terza donna Tanya Yasbeck, legata a Mason, un balordo violento, aspetta un bimbo, vive in una povera roulotte, spera che il suo uomo entri nella gang dei suoi amici, il Club dello Scheletro. Personaggio vivo, addirittura forse quello meglio riuscito, con i suoi dubbi, le sue incertezze, la violenza accettata dagli altri (la fa sentire al sicuro) e quella ormai radicata in lei. Una umanità che vorrebbe emergere ma che non può (vedi l’incontro con Luc). Personaggi forti anche gli altri componenti della banda come, per esempio, Paula Dread, rasata e tatuata ai lati del cranio, cicatrice rosa sul collo, puttana e lesbica, stracciona puzzolente.

Fabio e Jonathan Lotti

Storia interiore che si dipana piano piano, storia psicologica insieme a crudo realismo, seconda parte di movimento, ritmo più veloce, corse nella neve, prigionia, violenza. La ricerca del colpevole c’è, ricca pure di spunti, ricerche, domande, interrogatori (non manca neppure la solita videoregistrazione che aiuta), ma sembra affievolirsi di fronte alla coltre di angoscia nei rapporti, l’amore che svanisce, il senso della vita che pare perdersi e morire. Ma la luce della vita, testarda, resiste e continua.

Bel libro.

PS: solo gusto personale. Avrei preferito cinquanta pagine in meno della seconda parte. Spesso, mi riferisco in generale, la bellezza di un libro sta pure nel tirare giù il cancello al momento preciso. Se si tiene troppo aperto qualcosa se ne va. Gischler, per esempio, sa pure quando chiuderlo. Altri, no.

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Un Revolver da undici colpi

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Provate a stare zitti, a spegnere la televisione o la radio, a stare fermi, immobili, e a drizzare le orecchie. Forse potete sentirlo, sia che voi siate a casa sia che vi troviate in mezzo a una piazza. È un lento fluire, una sorta di su e giù, è come un mantice che si riempie e si svuota. Se, come me, avete studiato medicina o, da piccoli, incuriositi dallo stetoscopio del vostro pediatra gli avete chiesto di farci un giro, di provarlo, allora potete capire di cosa sto parlando. Quando i polmoni sono liberi dal catarro e appoggiate su una schiena quel particolare strumento medico sentite l’aria entrare e uscire, come una risacca, una marea che va e che viene. Se voi, ora, percepite questo rumore significa che vicino a voi c’è un vostro simile, un lettore che ha appreso dell’imminente esordio della nuova collana Revolver, diretta da Matteo Strukul, per BD editore.

Leggere i primi cinque titoli e, soprattutto, i nomi degli autori dell’esordio, è una reale boccata d’aria fresca dopo un’apnea durata non si capisce quanto tempo. Victor Gischler, Allan Guthrie, Antony Neil Smith, Derek Nikitas, Russel D. McLean. Quante volte, qui su Pegasus Descending, ci siamo lamentati che i nostri autori preferiti o, comunque, il meglio di un genere meticcio e fracassone che tanto amiamo, non venivano pubblicati in Italia, sbraitando al vento e ululando alla Luna? Ora, forse, potremo starcene in silenzio a leggere in santa pace e fregarcene dell’editoria che se ne fotte della qualità preferendo le pile di romanzi nei reparti ortofrutticoli dell’Esselunga.

I fuochi del Nord

Fin dal manifesto si capisce la pasta di Revolver e degli undici titoli all’anno che verranno pubblicati, uno al mese, la giusta misura per averli tutti, per non dire che a questo giro di stipendio non c’è nulla che mi piaccia: “Esiste una nuova genìa di autori che ha sviluppato un nuovo linguaggio del noir: meticcio, contaminato, bastardo. Svelano una letteratura diversa, che taglia i generi, abbatte gli steccati ed estrae dall’arte del narrare formule velenose e sanguinarie. Romanzi dark eppure sgargianti nei colori, trame agili come lame di coltello pronte a danzare sul confine sottile che corre fra romanzo, fumetto, sceneggiatura e storyboard. Qualità narrativa, profondità nel tratteggiare i caratteri dei personaggi, ritmo sincopato, azione adrenalinica e parossismo visivo, trame a orologeria. Sono storie che rappresentano la spina dorsale di una nuova grande letteratura popolare. I romanzi REVOLVER si guardano come film su carta. I romanzi REVOLVER si bevono come shake di noir, pulp, action, horror. I romanzi REVOLVER si vivono come esperienza di lettura nuova e spettacolare”.

E se la scrittura sarà un concentrato letterario di azione, adrenalina, sparatorie e inseguimenti a fare da supporto meccanico al racconto di storie anche forti della realtà che ci circonda (sul sito della nuova collana, revolverlibri.it, andatevi a leggere le trame de I fuochi del Nord di Nikitas e di Dietro le sbarre di Guthrie), i libri stessi, intesi come oggetti, saranno dei piccoli capolavori da collezione grazie alle strepitose copertine di Davide Furnò, già cover artist di Scalped, la serie scritta da Jason Aaron e già autore di Punishermax.

Ma cosa sarà Revolver? “Un’etichetta editoriale capace di intercettare le nuove energie di un genere-non genere che, in anni recenti, ha deciso di mescolare in un tacchino ripieno le mille scintille di una fantasia policroma fatta di noir, pulp, crime fiction, thriller, western, splatter, narrativa alta.” dice Matteo Strukul. “E tutto questo insieme. Non solo, aggiungete i deliri multicolori della sceneggiatura da fumetto, il ritmo incalzante e le coreografie iperviolente e impazzite degli action-movie, la rabbia irriverente di una serie televisiva come, che ne so, Sons of Anarchy: avrete Revolver”. Ma il curatore della nuova etichetta vuole anche sottolineare il lavoro sulla lingua narrativa: “Nei libri Revolver troverete un nuovo linguaggio del noir: meticcio, contaminato, bastardo; una letteratura diversa, che taglia i generi, abbatte gli steccati ed estrae dall’arte del narrare formule velenose e sanguinarie. Scoprirete qualità narrativa, profondità nel tratteggiare i personaggi, ritmo sincopato, azione adrenalinica e parossismo visivo, trame a orologeria. Ecco, quelle dei romanzi Revolver sono storie che rappresentano la spina dorsale di una nuova grande letteratura popolare”.

Dietro le sbarre

Che il progetto Revolver, però, sia ben più che una mera, nuova etichetta editoriale buttata lì tanto per racimolare – si spera…- due soldi e colmare un vuoto nel mercato librario italiano, bensì un autentico progetto culturale capace di dare nuovo slancio alla lettura in sé e, perché no, attrarre i giovani ora renitenti verso questo straordinario modo di coltivare il proprio cervello e la propria fantasia , lo dice in maniera chiara e senza alcun indugio ancora Matteo Strukul: ”Credo che leggere debba essere una grande emozione e un’esperienza che travalichi le barriere della mente. Quando ho letto capolavori come Il mio nome era Dora Suarez di Derek Raymond o 1974 di David Peace, o ancora Il potere del cane di Don Winslow, be’ quello che mi ha colpito è stato sentire i protagonisti respirare, sanguinare, soffrire, piangere. Erano vicino a me, il loro dolore era il mio. Quando ho letto Victor Gischler, per la prima volta, mi sono ritrovato a ridere come un idiota da solo in tram e la gente mi guardava come un pazzo. Se prendete Allan Guthrie, scoprirete un oceano di dolore inimmaginabile e atmosfere così cupe che a volte sembrano insostenibili. Ecco,” conclude Strukul “l’esperienza di un romanzo Revolver è questa: un libro che va oltre la semplice lettura, un romanzo che non rinuncia a voler fare – e sottolineo – volere fare intrattenimento di grande qualità il puro piacere della lettura, quello che per tanto tempo ci siamo dimenticati”.

Revolver: Pegasus Descending c’è. Ora tocca a voi.

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