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Novità in libreria: I dannati non muoiono di Jim Nisbet e Omicidio allo specchio di Ryan David Jahn

In un periodo in cui il noir non se la passa mica troppo bene, le buone uscite sono ormai perle rare, acuti in una sinfonia caleidoscopica di scoregge e rutti in cui il mercato editoriale di genere sembra voglia sprofondare noi poveri lettori. E se, allora, Revolver ci permette di respirare aria fresca, quella che dalle mie parti, in Ossola, si assapora salendo di quattro passi, TimeCrime risponde subito con due lavori frutto dell’impegno di due autori da me amatissimi. Se I dannati non muoiono è tutt’altro che una novità, rappresentando l’esordio letterario di quel geniaccio di Jim Nisbet – su Pegasus Descending ne ho parlato a più riprese. Nell’ordine: le recensioni di Iniezione letale, capolavoro assoluto, e Cattive abitudini; approfondita intervista; reportage dal Salone del Libro di Torino. Ripassatevi i pezzi e, se ne avete voglia, ne riparliamo -, seppur con un nuovo finale, e già recensito da Vitandrea Silecchia sempre per il vostro blog preferito, Omicidio allo specchio di Ryan David Jahn segna il ritorno dell’autore rivelazione del 2011 con il magnifico I buoni vicini, romanzo profondo, intelligente, denso di significati e letture nonché rappresentazione ideale di quello che dovrebbe essere la letteratura, un leggio per l’anima umana e la società. Ma anche di questo lavoro, che consiglio caldamente di procurarsi, trovate recensione pubblicata da queste parti e intervista all’autore.

Ho sbraitato per mesi sulla mancata pubblicazione di nuovi lavori di Nisbet, bestemmiando anche contro quel socio di Vitandrea che era riuscito a recuperare una vecchia copia de I dannati in una bancarella dell’usato. Lo stesso Sergio Fanucci era intervenuto proprio in calce alla recensione di questo lavoro dello scrittore di San Francisco promettendo che avremmo letto tutti gli autori da me invocati e, almeno per il momento, banditi dalle libreria italiane, includendo nella protesta, oltre al già citato Nisbet, anche quelle vette della letteratura raggiunte da gente come James Lee Burke e Dave Zeltserman. Certo, non nego che spero di poter leggere anche gli ultimi lavori di Jim, comunque il ritorno sugli scaffali impolverati di Mondadori e Feltrinelli – e della libreria Azuni del mio amico Emiliano Longobardi. Cazzo, sosteniamo gli indipendenti, a cui se chiedete un consiglio sanno pure rispondervi invece di sbuffarvi in faccia, annoiati e con un dito nel naso, come i commessi precari dei grandi magazzini – il ritorno, dicevamo, di un romanzo fuori catalogo da anni e a soli 7,70, beh, a me fa tirare un’altra bella boccata d’aria fresca della Val Formazza. Teniamo duro, ragazzi, teniamo duro!

I dannati non muoiono

I DANNATI NON MUOIONO
di Jim Nisbet
ed. TimeCrime
Traduzione di Bruna Ferri

TRAMA: Strano il caso capitato al detective privato Martin Windrow, casualmente coinvolto nelle indagini relative al suicidio di Virginia Sarapath: la notte in cui è stata uccisa, un vicino ha sentito provenire dal suo appartamento dei forti gemiti di piacere. Al di là della parete, evidentemente, la donna era impegnata in un amplesso, a quanto pare durato per ore. Eppure il giorno successivo di Virginia resta solo il cadavere, i polsi recisi a colpi di rasoio, il seno sinistro asportato di netto. Sul foglio inserito nella macchina da scrivere di Herbert Trimble, che abita nell’appartamento accanto a quello della vittima, il detective trova intanto un foglio di carta che reca un’inquietante scritta: “Ho sempre voluto scuoiare una donna.” Forse, sono le semplici farneticazioni di uno scrittore fallito; forse, è la traccia di un movente. Inizia così un gorgo di orrori nel quale Windrow verrà  attratto come una falena dalla luce, fino a sprofondare in un delirio in cui i confini tra omicidio e amore diventano sempre più labili.

Omicidio allo specchio

OMICIDIO ALLO SPECCHIO
di Ryan David Jahn
ed. TimeCrime
Traduzione di Cristina Genovese

TRAMA: Quando Simon Johnson viene aggredito all’interno del suo squallido appartamento di Los Angeles, la scelta è una e una soltanto: difendersi o morire. Ma nel momento stesso in cui, dopo averlo colpito, il fascio di luce della torcia illumina il viso del suo aggressore, Simon realizza due cose: primo, di averlo fatto fuori; secondo, che l’uomo che giace ai suoi piedi gli assomiglia come una goccia d’acqua. inizia così a prendere forma nella sua mente un piano diabolico: per scoprire il motivo del suo tentato omicidio, Johnson assumerà l’identità del suo “doppio”, un professore di matematica che conduceva la più ordinaria delle esistenze e che ora è un cadavere immerso in acqua e ghiaccio nella sua vasca da bagno. Così facendo Simon vivrà in casa sua, dormirà con sua moglie, vestirà i suoi abiti e si divertirà con la sua giovane amante… Ma a un certo punto il ghiaccio comincia a sciogliersi, strani messaggi appaiono sui muri, una misteriosa Cadillac nera inizia a pedinare Simon e qualcuno è sulle sue tracce. Realtà e allucinazione iniziano a confondersi, disegnando la geometria di un labirinto in cui il protagonista si perde: chi ha scoperto il suo gioco? C‘è forse qualcuno che muove le fila e che sta tentando di farlo impazzire?

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Ryan David Jahn: “Quella volta in cui l’empatia fallì”

Ryan David Jahn

Una mia chiacchierata con Ryan David Jahn, autore del bellissimo I buoni vicini, romanzo che consiglio a tutti e scrittore di cui spero presto di poter leggere gli altri suoi lavori.

Ho molto amato il tuo primo libro pubblicato in Italia. Ma come è nato I buoni vicini?
Prima di tutto permettimi di ringraziarti. Sono felice che ti sia piaciuto. I buoni vicini nasce come risultato finale della mia attrazione per il caso di Kitty Genovese, su cui il romanzo è ambientato. Sono venuto a conoscenza della storia di Genovese quindici anni fa, quando ero un adolescente, e non l’ho più dimenticata, è rimasta con me. È un caso ammaliante, penso, perché molti di noi sono stati colpevoli di indifferenza e possiamo solo dirci fortunati che le conseguenze non si siano rivelate così terrificanti come in quell’occasione. Comunque, questo è quello che mi ha colpito in tutta quella faccenda e volevo esplorarlo, per questo ho scritto il libro.

Perché hai usato il caso di Kitty Genovese come linea rossa, come punto di contatto per le storie che hai raccontato? Inoltre, ci sono molti personaggi nei tuo libro. Perché?
Penso che se vuoi raccontare più storie in un unico romanzo tu abbia probabilmente bisogno di un forte collante per tenerle unite. Il caso Genevose è sufficiente solido, di per sé, tanto che ho pensato che potesse funzionare, mettendo insieme tutte queste persone nello spazio e nel tempo. Per quel che riguarda il numero dei personaggi: il caso Genovese è molto conosciuto perché c’erano numerosi testimoni durante il crimine, ma nessuno di questi mosse un dito. Tu puoi dire che c’erano molti testimoni, va bene, ma non credo che questo abbia lo stesso impatto del mostrarli, questi testimoni, come persone, come esseri umani, romanzando la loro indifferenza. Inoltre volevo esplorare diversi tipi di persone, personaggi differenti, e come ognuno di essi avrebbe raggiunto un patto con la violenza di cui era stato testimone, nonché con la ben più piccola violenza di cui ognuno avesse avuto esperienza nella sua vita.

I tuoi personaggi sembrano tutti indifferenti al dolore delle altre persone, sembrano concentrati solo su se stessi e nient’altro. È corretto? 
Non penso che siano così indifferenti come appare. Sono così concentrati su se stessi, come hai detto, che realmente non prendono in considerazione il dolore altrui. È una piccola differenza, ma penso che sia importante. Se avessero pensato a questo, avrebbero potuto avere qualche effetto sulle loro personali tragedie. Hai ragione a indicare tutto ciò come un fallimento dell’empatia, ma non è insensibilità, dal mio punto di vista, piuttosto inconsapevolezza o, forse, una ostinata cecità. Quasi tutti in una grande città sono colpevoli, chi più chi meno, di quanto detto. Molti di noi evitano i senzatetto, per esempio, senza fare niente.    

Quale è stato il personaggio che hai amato di più? E perché?
Kat a parte, che ha dimostrato di possedere una grandissima forza, Frank è stato il personaggio per cui ho provato maggiore ammirazione. È di gran lunga il personaggio più forte del romanzo e quello con la maggiore consapevolezza del mondo intorno a lui, nonostante le sorprese che il mondo avrà in serbo per lui. Attualmente penso che lui e Kat siano complementari e, combinati, rappresentino il cuore del romanzo stesso.

Come hai scelto i personaggi?
Francamente non sento di averli scelti io, piuttosto sono nati insieme alla storia. il trucco è stato quello di ritrarlo con onestà e verità.

Perché hai usato il tempo presente per raccontare la storia invece del più classico passato remoto?
La storia si sviluppa nell’arco di due ore e mezza. Volevo che i lettori vivessero queste ore nello stesso modo dei personaggi, essere immersi nella storia mentre questa avviene e per fare questo devono trovarsi nel cortile come gli stessi testimoni. Questo, senza dubbio, era quello che provavo mentre stavo scrivendo e mi sembrava che scrivendo la storia con il tempo presente fosse il miglior modo per rendere reale questa mia volontà.

I buoni vicini

Qual è il tuo metodo di scrittura?
In realtà non possiedo nulla che possa essere definito “metodo”. Scrivo tra le cinquanta e le duecento pagine nel tentativo di trovare una buona storia e dei buoni personaggi. Una volta che ho la storia e i personaggi che la abiteranno, beh, inizio a scrivere dall’inizio finché non ho finito. Cerco di scrivere tutti i giorni, nel tentativo di mantenere viva la storia nella mia mente. Quando la prima stesura è completa ci torno sopra per sei o anche otto volte per sistemarla e rivederla.

Può dirci qualcosa degli altri due romanzi che hai già pubblicato e dei tuoi prossimi lavori su cui stai lavorando ora?
Il mio secondo romanzo è intitolato Low Life e ha come protagonista un piccolo ragioniere addetto alle paghe che una notte si sveglia disturbato da uno strano rumore. Quando si mette a esplorare il proprio appartamento per capire cosa abbia provocato quel rumore viene attaccato da un uomo e, per difendersi, accidentalmente uccide l’aggressore. Accesa la luce si accorge che l’uomo ucciso assomiglia in maniera impressionante a lui. Invece di chiamare la polizia, mette il corpo del surgelatore e inizia a indagare sulla vita del suo aggressore, nel tentativo di capire chi fosse quell’uomo e perché fosse entrato in casa sua per ucciderlo.  

Il mio terzo romanzo, invece, è The Dispatcher. È la storia di un operatore del centralino della polizia che, un pomeriggio, risponde a una chiamata da parte di sua figlia. Peccato, però, che sua figlia sia stata dichiarata morta solo quattro mesi prima, dopo essere scomparsa nel nulla da sette anni. La telefonata viene interrotta da un urlo della ragazza e il resto del romanzo riguarda il tentativo dell’uomo di trovarla e riportarla a casa. 

Attualmente sto lavorando al mio quarto romanzo, ma cerco sempre di non parlare dei lavori in corso: parlare di una storia prima di averla finita, almeno per me, rende il processo di scrittura più fiacco e per questo preferisco non farlo.

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I buoni vicini – Ryan David Jahn

I buoni vicini

I BUONI VICINI (Acts of Violence)
di Ryan David Jahn
ed. Fanucci
Traduzione di Elio Gabola

Il caso Kitty Genovese, giovane barista notturna del Queens di New York, scosse i giornali e le coscienze nel 1964, epoca del suo brutale omicidio. Kitty non viveva appartata, in mezzo alla campagna, ma in uno dei più popolosi quartieri della Grande Mela. Com’era quindi stato possibile che la ragazza venisse brutalmente accoltellata da un pazzo omicida, alle tre di notte e sotto casa, senza che nessuno delle sue decine di vicini sentisse niente e chiamasse, di conseguenza, polizia e soccorsi? Possibile che l’egoismo e il “io mi faccio i cazzi miei” avesse raggiunto un simile e parossistico livello? Parole come solidarietà, altruismo e empatia erano ormai andate definitivamente fuori moda nella società urbanizzata e individualista all’estremo degli Stati Uniti degli anni ’60?

Il caso fu di tale dominio pubblico che anche due rampanti psicologi sociali, Bibb Latanè e John Darley, cercarono di indagare questo allucinante fenomeno nel tentativo di darne una spiegazione razionale e che fosse in grado di gettare uno sguardo privo di pregiudizi su quelle che sono le nostre modalità di pensiero. Quello che ne venne fuori, corroborato da numerosi esperimenti sociali ideati dai due psicologi e successivamente ripetuti e confermati da altri gruppi di studio, divenne noto come effetto testimone, dimostrando d’essere un mattone fondamentale in questa disciplina della psicologia e delle scienze cognitive.

Magari l’avete visto anche voi, ma credo che uno dei migliori esempi di effetto testimone provenga da un servizio che vidi anni fa, forse dieci o quindici, in una puntata di Superquark. Un ragazzo se ne stava in spiaggia con telo da mare e radio. A un certo punto si alzava dovendosi allontanare per qualche minuto. Una volta che il tizio se n’era andato un complice dello sperimentatore si avvicinava alla radio lasciata incustodita e se la portava via, rubandola. Nonostante intorno gli altri bagnanti vedessero nitidamente cosa stesse accadendo, nessuno interveniva. Non era affar loro, non era una loro responsabilità. E poi, chissà, quello poteva anche essere un amico del tizio con la radio. Se, però, il ragazzo con la radio, prima di allontanarsi, chiedeva a uno dei suoi vicini di tenergliela d’occhio, ecco che quest’ultimo interveniva prontamente e, a volte, anche piuttosto aggressivamente per sventare il successivo, programmato furto. La responsabilità di quella radio, ora, era sua, non più diffusa tra tutti e, quindi, tra nessuno. Questo è l’effetto testimone. Sono convinto, altri esprimenti sociali lo dimostrano, che anche nel primo caso se una persona, consapevolmente o meno, avesse preso l’iniziativa di intervenire per sventare il furto, altri lo avrebbero seguito, in una sorta di effetto facilitante indotto dall’imitazione.

Lo straordinario romanzo di Ryan David Jahn, I buoni vicini, parte da questo evento tragico e criminale per esplorare le vite di una serie di personaggi che quella notte del 1964 erano lì negli appartamenti intorno agli ultimi istanti della vita di Kitty Genovese. Ognuno dei protagonisti di questa autentica storia corale hanno i propri problemi, le proprie difficoltà da affrontare per colpa o sorte e anche se qualcuno urla nella notte, beh, forse ho sentito male o se è davvero un’emergenza qualcuno interverrà. A differenza di quanto letto in altre recensioni, non si tratta, in questo caso, di un facile menefreghismo da cui noi, chi legge e chi scrive, saremmo sicuramente alieni. Io avrei fatto così, io avrei fatto cosà, in un esercizio tanto vacuo quanto errato di logica fregeana e di pensiero controfattuale. Come dimostra l’effetto testimone di Darley e Latanè, le motivazioni di tale comportamento sono da cercare in altri luoghi, ovvero nella diffusione di responsabilità e nell’incapacità di avvertire una situazione come una stringente emergenza, facendo affidamento, come accade sempre in un evento critico, al comportamento altrui al fine di comprendere l’ignoto e l’incerto. L’influenza sociale, in questo caso di tipo informazionale, ha un potere enorme che noi, sempre, facciamo fatica ad accettare, abituati a un esasperato individualismo figlio di millenni di cultura occidentale: “Sono sicuro che qualcuno l’ha già fatto” dice infine. “Inutile intasare le linee con chiamate superflue” [pg. 79]

Ryan David Jahn

Ryan David Jahn, invece, non cede mai a facili moralismi o a paternalismi controfattuali, mantenendo sempre una posizione estremamente equilibrata e, soprattutto, terza e fredda, scarsamente empatica, nei confronti degli eventi che è chiamato a narrare. Quello che ne esce è solo apparentemente una crime novel – e nonostante si sia aggiudicato il New Blood Dagger della Crime Writers’ Association nel 2010 -, rivelandosi un bellissimo romanzo sulla vita di un gruppo di persone chiamate a prendere delle scelte, tutte in una notte o in quel che ne resta, mentre giù in cortile un’altra vita si sta lentamente spegnendo sotto i colpi di un coltellaccio da cucina. Tutti i molti personaggi de I buoni vicini, la mattina dopo, vedranno la loro esistenza travolta e definitivamente cambiata sullo sfondo di una metropoli che se ne fotte, non di Kitty Genovese e del suo dramma, ma delle minuzie sommate di milioni di cittadini che niente sono se non collisioni, accidenti del caso: “La vita in una città come questa è solo una serie di bisticci accidentali, uno dopo l’altro; migliaia di estranei che si sfiorano, talvolta interagiscono, di solito in maniera non significativa: salve, ciao, un portafogli rubato, monetine cadute, mi scusi, signore, ha dimenticato il suo cappello, sguardi scambiati in metropolitana, venga, si sieda, non mi ero accorto che fosse incinta altrimenti glielo avrei offerto prima; ma a volte, quando gli estranei si sfiorano, entrano il collisone. Duramente. In città accade così. E a volte finisce con la morte.” [pg. 218-219]

I buoni vicini, in definitiva, si dimostra essere un bellissimo romanzo di profonde riflessioni scritto con una lingua precisa ma essenziale, scarna e ridotta al minimo, annullando l’autore a favore di una quasi cronachistica narrazione degli eventi che accadono in quegli appartamenti, risultando ancor più apprezzabile per la totale assenza di qualsivoglia ammiccamento al lettore, di condanna dell’indifferenza, di critica saccente, volgare, inutile. Perché di fronte a tutto ciò abbiamo una sola arma a nostra disposizione: la consapevolezza.

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Novità in libreria: I buoni vicini di Ryan David Jahn

I buoni vicini

Non sono molte le vittime di omicidio che hanno una propria pagina su Wikipedia. Probabilmente perchè sono poche le vittime di omicidio in grado, purtroppo per loro, di lasciare il segno tanto sull’opinione pubblica quanto in un preciso settore di studio e della conoscenza umana. Questo triste primato è toccato a Kitty Genovese, giovane italoamericana originaria del Queens, New York, che nel 1964 fu accoltellata a morte per strada, alle tre di notte, da Winston Moseley. Il caso Genovese divenne famosissimo e ancora oggi ricordato, perchè nonostante furono molti i testimoni di quel fatto di sangue richiamati dalle urla e dalla richieste di aiuto della giovane, nessuno intervenì e anche chi lo fece, allertando i soccorsi, sottovalutò notevolmente quanto era e stava accandendo. La vicenda, oltre ad avere un’ampia eco sui media nazionali e sull’opinione pubblica, divenne anche oggetto di estremo interesse per gli psicologi sociali Latanè e Darley, che analizzando il caso Genovese e, in particolare, la mancata risposta di un così nutrito numero di persone, introdussero in psicologia quello che ancora oggi viene definito come “effetto testimone”, un fenomeno psicologico e sociale inerente la diffusione di responsabilità e l’influenza sociale. Ora Kitty Genovese diventa il pretesto utilizzato da Ryan David Jahn per raccontare uno squarcio d’America degli anni ’60 grazie al suo romanzo d’esordio, I buoni vicini, opera di grande successo di pubblico e critica, tanto da riuscire ad aggiudicarsi il prestigioso riconoscimento CWA Joahn Creasey (New Blood) Dagger 2010.

I BUONI VICINI (Acts of Violence)
di Ryan David Jahn
ed. Fanucci
Traduzione di Elio Gabola

TRAMA: Il primo romanzo di Ryan David Jahn, I buoni vicini, si svolge nell’arco di tre ore e ruota attorno all’assassinio di Katrina Marino, accoltellata all’alba fuori dal suo appartamento, mentre rincasa dopo una notte trascorsa a lavorare in un bar. Ryan trae ispirazione da un fatto realmente accaduto a Brooklyn negli anni Sessanta: l’omicidio di Kitty Genovese, a cui assisterono quasi 40 persone, nessuna delle quali chiamò la polizia o cercò di intervenire per salvarla. Lo scalpore suscitato dalla vicenda diede il via a numerosi studi accademici intorno al cosiddetto “effetto bystander” (la probabilità di ricevere aiuto da parte di una persona in difficoltà decresce con l’aumentare del numero di spettatori) e alla rimozione della responsabilità soggettiva nelle situazioni estreme. Mentre Katrina Marino sta combattendo per la vita, intorno a lei si muovono altre esistenze: qualcuno sta rielaborando l’esperienza della guerra in Vietnam, qualcun altro teme di aver investito un bambino; accanto a un ricattatore sprovveduto in procinto di scoprire chi è veramente la sua prossima vittima, c’è un poliziotto corrotto convinto di essere onnipotente. Ryan ha l’abilità di costruire una trama originale, in cui tutte le storie convergono a delineare un’umanità scandita dalla violenza, ma tentando anche di capire la complessità della vita.

Di seguito un video in cui lo stesso Ryan David Jahn parla del suo romanzo, I buoni vicini:

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