Pegasus Descending

Pulp, thriller, hard boiled, noir

Le belve – Don Winslow

Le belve

LE BELVE (Savages)
di Don Winslow
ed. Einaudi Stile Libero
Traduzione di Alfredo Colitto

Ben e Chon credono di aver trovato il paradiso in quell’angolino della California, proprio lì dove gli evoluti e civili Stati Uniti d’America prendono il raffreddore con tutti gli spifferi di coca e marijuana che provengono dal barbaro e atavico Messico. Ci sono posti, in Messico, in cui quotidianamente ci sono più morti ammazzati che nuovi nati. Tijuana, capitale della Bassa California, tanto per fare un nome, il vero centro nevralgico del narcotraffico internazionale che dal Sudamerica smercia tonnellate di droga – e dollari – negli States. Criminali e pendagli da forca, gente che prima ti decapita e poi ti chiede chi sei, certo, ma la droga chi la consuma? In nessun mercato c’è un’offerta senza una domanda, lezione 0 di ogni corso di microeconomia.

È questa, insomma, l’ambientazione de Le belve di Don Winslow, ultimo romanzo del celebrato autore americano da cui Oliver Stone dovrebbe anche trarre un film. Le belve, incomprensibile traduzione di Savages, il titolo originale, è una sorta di cazzeggio mainstream per chi non ha le palle per leggersi ottocento pagine di uno dei migliori romanzi di genere degli anni 00, quel Il potere del cane, sempre di Winslow, che per la sua potenza tragica ed epica è paragonabile a lavori quali l’Iliade e l’Odissea.

Se con Il potere del cane Winslow aveva creato un mondo, un’epopea, dando vita a personaggi immortali ed empatici, con Le belve sono l’azione e la rapidità a farla da padrone.

Lo stile di Winslow, infatti, ha sempre denotato una certa lentezza. Ne parlavo tempo fa con Marco Vicentini, l’ex patron della Meridiano Zero, e lui sosteneva come lo stile di Winslow fosse affetto da una sorta di eccessiva piattezza, probabilmente immemore del vecchio adagio anglosassone “mostra, non dire”. Il commento di Vicentini era riferito, in particolare, a L’inverno di Frankie Machine, lavoro che galleggia per tutto lo sviluppo della sua trama su due livelli narrativi e temporali, uno presente e uno passato, nel secondo dei quali viene narrata la giovinezza di Frankie e come questo sia diventato uno dei più apprezzati killer della mafia californiana. Anche nella mia recensione di questo primo lavoro di Winslow, in effetti, evidenziavo come il romanzo iniziasse, sostanzialmente, da pagina 43 e come i momenti di bonaccia non fossero pochi. Questa evidente pecca narrativa nello stile dell’autore newyorkese veniva edulcorata nel capolavoro de Il potere del cane proprio a causa, o grazie, alla sua struttura intrinseca di romanzo fiume, di epopea, come già detto, un lavoro, cioè, che trovava nella complessità e nel dettaglio il suo punto di forza e la sua ragion d’essere. Per costruire un mondo è necessario spendere parole e il lettore che vuole vivere, o rivivere, quel mondo deve accettare la sfida e affrontare la complessità. Ne Le belve questa la complessità scompare e quella che altro non è se non una guerra di droga tra i rampanti Ben e Chon e un sanguinario cartello della droga capitanato da una donna trova il suo sviluppo in una serie di rapidissimi capitoli che evidenziano una natura fortemente cinematografica, quasi che Winslow abbia già preparato il terreno per Oliver Stone, risparmiandogli la fatica di adattare il romanzo e facendogli risparmiare i soldi per lo sceneggiatore.

Don Winslow

Le belve, comunque, è un romanzo che stilla divertimento allo stato puro grazie tanto alla già citata struttura narrativa e rapidità di esposizione, quanto alla sarabanda di sparatorie, colpi di scena, intermezzi porno-erotici e a una irresistibile razione adrenalinica che spinge la lettura capitolo dopo capitolo, pagina dopo pagina.

La valutazione complessiva di un romanzo deve comunque essere fatta considerando la sua totalità e compiutezza. Le belve, quindi, poco aggiunge alla produzione letteraria di Winslow, manifestandosi invece come un divertisement che edulcorato da qualsivoglia contenuto “alto” si rifugia nel puro piacere di raccontare una storia, tra l’altro non particolarmente originale, ma non si nasconde mai dietro un dito o dietro supposte velleità socio-politologiche, limitandosi a portare a termine il proprio compito ludico in maniera egregia senza voler essere altro da quella che è la sua natura. Le belve è come quei film d’azione che ci rapiscono per un paio d’ore garantendoci quella sospensione della credulità così importante in ogni opera narrativa che sia capace si slegare il lettore/spettatore dalla realtà ma che al termine delle due fatidiche ore riconsegna quello stesso lettore/spettatore a quella medesima realtà tale e quale, senza lasciare alcun segno nel profondo dell’anima, senza, insomma, farci pensare molto. E questo non necessariamente è un male o un difetto.

I ragazzi muoiono in Iraq e Afghanistan, e i titoli di testa parlano di Anna Nicole Smith.
Di chi?
Appunto.” [pg. 70]

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6 pensieri su “Le belve – Don Winslow

  1. Fabio Lotti in ha detto:

    Magnifico ritorno!!!
    Stesse sensazioni a fine lettura del libro. Semmai da notare, non so se sei d’accordo, il desiderio, vano, (almeno da parte di Ophelia) di uscire da un modo di vita che pare senza sbocco, il che aggiunge un leggerissimo velo di malinconia al racconto.

  2. Walt in ha detto:

    Ancora una volta sottoscrivo parola pr parola la tua recensione (che peraltro io non sarei mai capace di scrivere) Hai dato le parole alle mie sensazioni, quando ho letto per caso l’Inverno di Frankie Machine mi sono entusiasmato per la scoperta, quando ho letto Il Potere del Cane mi sono commosso per la grandiosità e l’intensità del romanzo, La Lingua del Fuoco poi mi ha un po’ deluso. Quando sono corso in libreria a comprare la mia copia fresca de Le Belve, sono rimasto sconcertato, già l’impaginazione … a pag 50 mi sono reso conto che stavo leggendo la sceneggiatura di un film. Una sceneggiatura da pubblicare prima di essere un romanzo. E ci puoi scommettere il 19 ottobre 2012 al primo spettacolo sarò inchiodato nella sala cinematografica dove proietteranno Savage http://www.movieplayer.it/film/news/savages-le-belve-di-oliver-stone-in-trailer_20320/

  3. @Fabio: sì, hai ragione, il finale è malinconico anche perchè da quel mondo lì non se ne esce più, anche se Ben, Chon e Ophelia lo vorrebbero. Però non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca.

    @Walt: La lingua del fuoco non l’ho ancora letto, in compenso a casa ho La pattuglia dell’alba, ma anche questo deve ancora attaccarlo. Io credo che su Winslow sia necessaria una grossa riflessione/discussione, cioè, è un grande scrittore o no? Il potere del cane è un capolavoro e certamente vale da solo una carriera, però tutto il resto è così così. Lui ha delle grandissime trovate, riesce a costruire delle storie molto belle, bilanciate, a incastro, un grande orologiaio diciamo, però credo che manchi molto sul piano della scrittura e del ritmo, su quel versante ha delle difficoltà, tira troppo la rava e la fava e se lo fai ne Il potere ci sta, ma ne L’inverno o in altri lavori più mainstream no. Le belve è una sceneggiatura e anche il trailer che hai allegato è figo, il film promette bene, però siamo sempre lì, intrattenimento intelligente, godereccio, ma basta. Da Il potere si potrebbe invece trarre una miniserie, sarebbe una storia bomba sul narotraffico, la Dea etc, tipo Band of Brothers o The Pacific per intenderci. Comunque se nonostante ciò e i suoi difetti stilistici Winsow riesce a piacere, come piace, anche a me, beh, tanto di cappello, vuol dire che sotto c’è dell’altro che non riesco a vedere ma che dà valore al suo lavoro.

  4. Dunque d’accordissimo sulla recensione… a me “Le Belve” è piaciuto proprio poco, una sceneggiatura certo, ma anche un romanzo tirato via, sciatto, con una trama esile esile, insomma una delusione. Per il resto Winslow invece secondo me è un gigante. Savages è il suo ultimo romanzo e si vede, invece quel melodramma, quella lentezza epica de “Il potere del Cane” certo ma anche di “Frankie Machine” e lo spettacolare “La lingua del fuoco” – grandissimo libro con un’analisi dei meccanismi assicurativi e delle nuove forme di criminalità organizzata semplicemente geniale – sono un’altra storia. Forse chi lo ha giudicato così piatto avrebbe tanto voluto avere uno come lui in catalogo eh eh, il punto è secondo me che nella produzione di Winslow esistono libri più riusciti e altri meno e tenderei a considerare migliori i primi, ad esempio “La lingua del Fuoco” è del 1999, anche “La pattuglia dell’alba” è un ottimo romanzo, io credo che Winslow abbia tirato fuori un nuovo tipo di noir proprio come ha fatto Massimo Carlotto in Italia. Uno degli autori più epici, potenti, spietati degli ultimi trent’anni, dopo di che penso che uno come Tim Willocks in termini di scrittura dà le paste a tutti quanti ma lì troviamo uno di quegli autori che esce una volta ogni cent’anni e parlo di pura qualità di scrittura. Leggete “Il fine ultimo della creazione” con gli evidenti riferimenti all’Eneide e Thomas Hobbes oppure un capolavoro come The Religion. Ma per Willocks parliamo di un talento che sta alla pari con i grandi classici della letteratura. Un Artista prestato al genere.

    • Come detto in un altro post, Willocks purtroppo non lo conosco, cioè, non ho mai letto nulla di suo.

      Su Winslow: Le belve è un buon intrattenimento, proprio per il suo essere quasi una sceneggiatura scorre via bene, ti diverte, non aggiunge niente, storia un po’ scontata, già vista, però come pura evasione ci sta. Che molti editori vorrebbero avere Winslow in catalogo, beh, lo capisco, anche se ricordo che Winslow era arrivato in Italia molti anni e non aveva avuto il successo inaugurato da Frankie, anzi, non se lo era cagato nessuno e credo sia per questo che poi Einaudi l’ha ripreso e fatto un gra lavoro sopra. Logiche e misteri del mercato editoriale. Io credo che Winslow dal punto di vista della scrittura abbia alcuni limiti, nascosti dalla sua capacità di imbastire delle ottime trame che ti tengono lì attaccato alla pagina. Secondo me non è a livello di un Leonard o un Dexter, ma lì siamo nel campo dei giganti, che però, almeno da noi, credo vendano meno del buon Don.

  5. E allora procurati due noir sanguinari come IL FINE ULTIMO DELLA CREAZIONE e BAD CITY BLUES poi sparati le 820 pagine di RELIGION…COME DUMAS credimi! Penso che se sei un po’ stanco del genere un autore come Willocks può davvero regalarti grandi emozioni perchè i suoi libri sono talmente folli e potenti, epici e barocchi e lirici che non potranno lasciarti indifferente.

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