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Io voto Pennacchi. Lo Strega e la cinquina finalista

Antonio Pennacchi

Di cosa parliamo quando parliamo di premi letterari? Boh. E chi lo sa? Il titolare del blog, forse ve ne sarete accorti, non ama molto festival della letteratura e premi vari, anche se, quando possibile, frequenta i primi e segue i secondi. A dire il vero segue solo il Premio Strega, perché all’annuncio di ogni vincitore c’è sempre un gran casino che, dopo, ci gira intorno e godibilissime polemiche. Basti pensare alla gazzarra dell’anno scorso tra Tiziano Scarpa e il deluso Antonio Scurati oppure al capitolo che il bravo Massimiliano Parente ha dedicato a questa manifestazione molto da casta radicalchic nel suo ultimo, omonimo libro.

Già l’anno scorso la presenza di Andrea Vitali mi solleticava l’idea di scriverne un articolo in merito, di sostegno alla sua candidatura, se volessi darmi un tono. Per la 64esima edizione del premio letterario con la “r” più moscia d’Italia rompo gli indugi e me ne fotto: ragazzi, io voto Antonio Pennacchi e il suo Canale Mussolini. Vabbè che il mio voto non conta un benamato cazzo, ma chissenefrega! È come la sponsorizzazione del Nobel per la Letteratura a Cormac McCarthy: non sortiremo alcun effetto, però ci siamo e diciamo la nostra. Altrimenti a che servirebbero il web e uno spazio come quello fornito da Pegasus Descending? Francamente non mi aspetto che i giurati seguano i miei umilissimi consigli, non me lo vedo proprio, che ne so, Alain Elkann – se spulciate sul sito www.fondazionebellonci.it, ben nascosta, riuscite anche a trovare la lista dei 400 giurati – dire: uè, quel Pennacchi, se lo consiglia il Pelfini allora lo voto pure io, neee. Ma fa niente. Noi siamo lettori e come tali dobbiamo comportarci. Che ce frega se Mondadori ha già vinto due anni fa con Paolo Giordano e l’anno in corso sembrerebbe essere nato sotto il segno della Rizzoli che, ma guarda un po’ te, con Silvia Avallone e il suo Acciaio è già la casa editrice più votata. Caso mai rischiasse di rimanere fuori dalla cinquina dei finalisti, meglio abbondare coi voti. Cinquina che oltre ai lavori dei già citati Avallone e Pennacchi è anche composta da Hanno tutti ragione di Paolo Sorrentino (scuderia Feltrinelli), Sono comuni le cose degli amici di Matteo Nuci (Ponte alle Grazie) e Accanto alla tigre di Lorenzo Pavolini (Fandango).

Canale Mussolini

Ovviamente non escludo che il lavoro vincitore, e cioè quello della Avallone – anche se con ‘ste previsioni rischio veramente di fare la figura del pirla se sbaglio – sia il miglior libro italiano pubblicato negli ultimi 365 giorni. Può essere. Ma Pennacchi lo avrebbe già meritato, anni fa, con il suo stupendo Il fasciocomunista, libro da cui Daniele Luchetti ha tratto l’omonima trasposizione cinematografica che rivelerà il talento di Elio Germano (quello che sta sulle balle a Bondi). Il film, seppur di spessore e qualità, tradisce molto della storia e del senso del romanzo di Pennacchi, ancora più bello e doloroso. Parlando di cose come “romanzo sociale”, “romanzo di formazione”, “biografia di una generazione” e balle varie, non possiamo non citare il lavoro di Pennacchi. Ora, con Canale Mussolini lo scrittore di Latina fa un passo indietro e narra l’epopea di gente che l’Italia l’ha fatta materialmente, con il sudore della fronte e i calli sulle mani. Per me degli eroi commoventi la cui storia è la nostra Storia. Non ci sono cazzi che tengano.    

Infine, per me uno che dice quello che è stato riportati dal sito il Fondo Magazine nel pezzo di Susanna Dolci è un genio. Per altri, lo comprendo, è un pirla, ma sappiamo come il confine tra le due qualità sia estremamente labile e mobile: «Quando vado a un convegno, non riesco a star zitto. A un certo punto devo per forza alzarmi e dire il contrario di quello che è stato detto fino a quel momento. Mia madre diceva che parlo a vanvera. Mia moglie che sono un incontinente verbale. Ho fatto lotte politiche e sindacali. M’hanno espulso dal MSI, dalla CGIL, dal PCI. Sono stato in Servire il popolo con Brandirali, nel PSI, nella UIL. Mi sono iscritto all’università a 40 anni, mentre ero in cassa integrazione. Avrei voluto fare l’esame di Letteratura Italiana con Asor Rosa. Pensavo: ‘Scrive sull’Unità, bravo compagno’. Poi ho sentito la prima lezione, ho detto: ‘Ma vaffanculo’ (cur. Claudio Sabelli Fioretti)». Standing ovation e novantadue minuti di applausi. Altro che corazzata Potemkin.

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3 pensieri su “Io voto Pennacchi. Lo Strega e la cinquina finalista

  1. E dire che stavo per perdermi questo pezzo. Troppo divertente!!

  2. Pingback: Antonio Pennacchi vince il Premio Strega « Pegasus Descending

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