Pegasus Descending

Pulp, thriller, hard boiled, noir

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Splinter

Splinter

SPLINTER
di Michael D. Olmos
con Tom Sizemore, Enrique Almeida, Resmine Atis, Noel Gugliemi

Nei sobborghi periferici di Los Angeles due gang di strada si contendono il territorio, sempre sull’orlo della guerra senza regole né innocenti. Solo Shaggy è riuscito a mantenere la pace grazie al rispetto guadagnatosi agli occhi dei due avversari. Da queste parti è questo che conta: il rispetto. Senza quello sei carne da macello, pastone per i pesci. Ma ora Shaggy è morto, ammazzato da un colpo di pistola mentre stava parlando con suo fratello, Dreamer, in una macchina sul ciglio della strada. E la pallottola che ha fatto secco Shaggy giace ancora nel cranio di Dreamer ed è causa di una totale amnesia che annebbia il suo passato, i suoi errori, le sue azioni, a volte addirittura le facce delle persone che gli ruotano intorno.

Il fratello di Dreamer, Dusty, è da poco uscito di galera. Qui, prima o poi, un soggiorno al gabbio lo fanno tutti. Non c’è niente da fare. Prima in carcere e poi sotto terra morto ammazzato. Nella periferia di L.A. le compagnie di assicurazione non stipulano polizze sulla vita. Dusty cerca vendetta per la morte del fratello e vorrebbe acquisire maggiore potere all’interno della propria gang, così da muovere una decisa guerra per il territorio ai vicini, per risolvere una volta per tutte le questioni legate a cosa è di chi. Ricordiamocelo, Shaggy è morto e con il lui il rispetto. Ma Dusty si convince anche di un’altro fatto nella sua claudicante ricerca della verità: a sparare al fratello è stato Trigger, un feroce compagno di gang con delle mire nei confronti del vertice. La motivazione? Le solite. Shaggy aveva una relazione con la sua fidanzata. L’aveva detto qualcuno: il novantanove per cento degli omicidi è legato a soldi o sesso. Leva queste due esche e azzererai il tasso di ammazzamenti. Sembra facile.

In mezzo a questa situazione, letteralmente esplosiva, si muovono i detective Gramm e Cunningham. La prima è una giovane idealista capitata in un posto fottutamente maschilista, tanto da dover sopportare quotidianamente le prese per il culo di suoi machi colleghi. Cunningham, invece, è uno che su queste strade c’è nato. Sa come ci si comporta, conosce i codici della strada, i sottili equilibri che è necessario rispettare affinché un pacifico status quo permanga. Lo dice lui stesso: “E’ inutile sbattere in galera uno di questi, dietro ce ne sono dieci uguali pronti a farti il culo.” Cunningham è un alcolizzato e un corrotto, uno a cui la legge va stretta, uno che in questo principio di guerra fra bande che ha già lasciato sul terreno quattro morti vede l’unica maniera per fare un po’ di pulizia quando i galli nel pollaio iniziano ad essere troppi e troppo turbolenti.

Il lavoro di Michael D. Olmos, Splinter, pecca forse di un eccesso di cliché, in modo particolare nel ruolo del detective Cunningham interpretato ottimamente da Tom Sizemore, giallo per il troppo bere e bolso per la merda da take away che mangia. Anche la storia intorno a cui ruota l’intero film ha il sapore del già visto, riportando in auge il vecchio espediente di far sembrare che tutto dipenda da fattori “macro” – le bande, i quartieri, i gruppi – per poi ricondurre quel medesimo tutto a ben più becere motivazioni legate a dissidi personali e cazzi dei singoli protagonisti, che utilizzano i grandi numeri solo per confondere le acque delle loro intenzioni.

Le cose migliori di Splinter sono da ricercarsi nella fotografia di una Los Angeles periferica riprodotta con piglio documentarista da Olmos, grazie all’isolamento di alcuni squarci della città, alla colonna sonora godibilissima, coerente con la narrazione visiva e in grado di evidenziarla, e, infine, nel parlato dei personaggi, una sequenza di “fuck” che, probabilmente, da queste parti sostituiscono le “e” di congiunzione nello slang della metropoli californiana. Peccato, però, che Splinter abbia malcelate ambizioni cinematografiche piuttosto che documentarie, marcando il passo di una storia un po’ tirata per i capelli e con la tendenza, nel finale, a diventare poco chiara ed eccessivamente confusa, gettando anche sul piatto un tema quale la rivalità tra fratelli affrontato in modo troppo superficiale e non in grado di lasciare un segno nello spettatore.

Di seguito il trailer di Splinter di Michael D. Olmos:

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